Due imputate sono state condannate per truffa aggravata, per avere, in concorso tra loro, prospettando falsamente una situazione familiare drammatica, indotto la persona offesa a consegnare la somma complessiva di 29.000 Euro, procurandosi un ingiusto profitto.

Ai fini dell’aggravante della “minorata difesa”, secondo la giurisprudenza, l’età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della vittima, dovendo essere valutata la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità del soggetto passivo dalla quale l’agente trae consapevolmente vantaggio. Si è ulteriormente precisato che non é necessario che le circostanze di tempo, di luogo o di persona, abbiano impedito o reso impossibile la difesa privata, essendo, invece, sufficiente che la stessa sia stata soltanto ostacolata.

In sostanza, è necessario individuare in concreto gli indicatori dell’agevolazione che, a causa dell’età avanzata della vittima, deriva per il soggetto-agente. Nondimeno, nei reati che presuppongono l’interazione tra l’autore del fatto e la vittima, ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante, l’agevolazione all’agire illecito derivante dall’età avanzata della persona offesa é “in re ipsa”, senza che gravi in capo al giudice uno specifico e ulteriore onere motivazionale rispetto al riscontro obiettivo dell’età della persona offesa. In tali casi, infatti, le possibilità che la vittima impedisca la commissione del reato ai suoi danni sono indubbiamente inibite o quantomeno ostacolate dal naturale ottundimento dei sensi e dall’inibizione delle capacità motorie che derivano dall’avanzare dell’età.

Nel caso in esame, erano state verificate le condizioni psicologiche della persona offesa: anche in ragione della sua età avanzata e della sua più fragile memoria, la vittima era stata indotto a credere di avere già conosciuto in passato l’imputata, la quale aveva dichiarato di essere già stata a casa sua.

La persona offesa, nata nel 1931, pur non presentando evidenti segni di decadimento psico-fisico, aveva una minore reattività e una ridotta capacità di opporre un diniego alle assillanti e pressanti richieste di denaro delle due imputate, connessa alla sua età avanzata. Inoltre possibilità di introdursi nell’abitazione dell’anziano – approfittando della sua labile memoria – ha agevolato l’esecuzione del reato.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 aprile – 25 maggio 2021, n. 20766 – Presidente Diotallevi – Relatore Borsellino

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Padova resa il 28 febbraio 2019 con cui é stata affermata la responsabilità di A.C. e H.N. in ordine al reato di truffa aggravata, per avere in concorso tra loro, prospettando falsamente una situazione familiare drammatica, indotto la persona offesa a consegnare la somma complessiva di 29.000 Euro, procurandosi un ingiusto profitto.

2. Le imputate propongono ricorso, con atto unico sottoscritto dal comune difensore di fiducia, deducendo:
2.1 violazione di legge penale e vizio di motivazione poiché la corte ha respinto la richiesta di esclusione della circostanza aggravante della minorata difesa derivante dalla età avanzata della persona offesa, con affermazione apodittica, non esponendo in forza di quali elementi sarebbe emersa la minorata difesa della persona offesa, e intrinsecamente contraddittoria poiché al fine di sostenere la sua piena attendibilità, proprio il tribunale aveva escluso la presenza di una qualsiasi forma di decadimento psichico della persona offesa. Fermo restando che l’età non può di per sé costituire condizione autosufficiente per configurare l’aggravante indicata, i giudici di merito per un verso non evidenziano alcuna incertezza, imprecisione e deficienza mnestica nella persona offesa e dall’altro riconoscono la sussistenza della detta aggravante.

Considerato in diritto

1. Il ricorso proposto nell’interesse delle due imputate é inammissibile perché generico e manifestamente infondato in quanto non si confronta con le motivazioni della Corte di Appello, e reitera le censure già respinte con argomentazioni immuni dai vizi dedotti.

Occorre ricordare che questa Corte ha più volte sancito il principio secondo cui, ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5, l’età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della vittima, dovendo essere valutata la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità del soggetto passivo dalla quale l’agente trae consapevolmente vantaggio (Sez. 2 -, Sentenza n. 47186 del 22/10/2019 Cc. (dep. 20/11/2019) Rv. 277780 – 01; Sez. 2, n. 8998 del 18/11/2014, dep. 2015, Genovese, Rv. 262564 – 01; Sez. 5, n. 38347 del 13/07/2011, Cavò, Rv. 250948 – 01; Sez. 2, n. 35997 del 23/09/2010, Licciardello e altri, Rv. 248163 – 01).

Altro principio di matrice giurisprudenziale é quello secondo cui non é necessario che le circostanze di tempo, di luogo o di persona, previste dall’art. 61 c.p., n. 5), abbiano impedito o reso impossibile la difesa privata, essendo sufficiente che la stessa sia stata soltanto ostacolata (ex multis, Sez. 1, n. 50699 del 3 18/05/2017, B, Rv. 271592 – 01; Sez. 2, n. 28795 del 11/05/2016, De Biasi, Rv. 267496 – 01).

Nelle pronunzie in tema la Corte, ha sempre evidenziato la necessità di individuare, nell’ambito dell’azione specifica portata ai danni delle persone offese, gli indicatori della concreta agevolazione che, dall’età avanzata, era derivata per il soggetto-agente. Una pronunzia più recente ha, tuttavia, affermato che nei reati che presuppongono l’interazione tra l’autore del fatto e la vittima (nella specie, furto con strappo), ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5, l’agevolazione all’agire illecito derivante dall’età avanzata della persona offesa é “in re ipsa”, senza che gravi in capo al giudice di merito uno specifico e ulteriore onere motivazionale rispetto al riscontro obiettivo dell’età della persona offesa (Sez. 5 -, Sentenza n. 12796 del 21/02/2019 Ud. (dep. 22/03/2019) Rv. 275305 – 01).

Nella motivazione é stato sottolineato che quando i reati implicano un impatto sulla sfera fisica o psichica del soggetto passivo da parte dell’autore del fatto e la cui buona riuscita conti sulla maggiore o minore difficoltà di reazione all’offesa da parte della vittima, deve ritenersi sussistente in re ipsa la dimostrazione quantomeno dell’agevolazione derivata dall’età avanzata della vittima, senza che sul Giudice debba gravare un onere motivazionale specifico ed ulteriore (rispetto al rilievo del dato obiettivo dell’età) che appare superfluo, alla luce della massima di esperienza sopra ricordata. In tali casi, infatti, le possibilità che la vittima impedisca la commissione del reato ai suoi danni sono indubbiamente inibite o quantomeno ostacolate dal naturale ottundimento dei sensi e dall’inibizione delle capacità motorie che derivano dall’avanzare dell’età.

Ma nel caso in esame il collegio di appello ha fornito esaustiva e congrua motivazione, nel rispetto di questi criteri: ha innanzitutto richiamato le argomentazioni del primo giudice, che, avendo potuto verificare direttamente le condizioni psicologiche della persona offesa nel corso del suo esame 9, aveva sottolineato come anche in ragione della sua età avanzata e della sua più fragile memoria, il B. era stato indotto a credere di avere già conosciuto in passato l’imputata, la quale aveva dichiarato di essere già stata a casa sua; ha osservato che B., nato nel 1931, pur non presentando evidenti segni di decadimento psico-fisico, aveva una minore reattività e una ridotta capacità di opporre un diniego alle assillanti e pressanti richieste di denaro delle due imputate, connessa alla sua età avanzata; ha sottolineato che la possibilità di introdursi nell’abitazione dell’anziano approfittando della sua labile memoria ha agevolato l’esecuzione del reato. Ed é proprio su questa vulnerabilità e ridotta reattività che fecero leva le due imputate, sia nell’induzione in errore iniziale, sia nelle successive dazioni di denaro. In conclusione la corte stessa ha sottolineato che le imputate non avrebbero avuto così tante possibilità di successo se si fossero rivolte ad una persona più giovane, richiamando anche una massima di comune esperienza che evidenzia la maggiore suggestionabilità e fragilità delle persone anziane.
Si tratta di considerazioni non manifestamente illogiche e non in contrasto con il dettato normativo sicché non ricorrono i presupposti per annullare la sentenza.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000 in favore della Cassa delle Ammende.

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