Un vero e proprio lager quello che si è nascosto all’interno delle campagne del pavese, dove una mandria costituita da suini e bovini, per un totale di 110 animali, erano detenuti illegalmente.

Il Tribunale di Pavia, a seguito di indagini, ha ritenuto configurato il reato di maltrattamento di animali (art. 544 ter c.p.), perché l’imputato – pluripregiudicato e già in carcere per altra causa – senza necessità cagionava loro lesioni, sottoponendoli a sevizie e a fatiche insopportabili per le loro caratteristiche etologiche.

Nell’editto di condanna si legge che l’imputato non provvedeva alla corretta nutrizione degli animali, che apparivano gravemente denutriti, con alterazione dell’apparato muscolo scheletrico; inoltre ometteva di prestare le necessarie cure agli animali che presentavano lesioni a zampe con zoppia e dermatiti. Tra i capi di accusa vi è anche la detenzione degli animali in strutture fatiscenti, confinati in aree delimitate e realizzate con materiali di fortuna, con presenza di inerti da demolizione potenzialmente lesivi per gli animali. Gli abbeveraggi, poi, erano posti in area parzialmente scoperta e sottoposta alle intemperie, con ristagno di acqua putrida. Gli animali erano detenuti in strutture parzialmente coperte, in parte crollate, realizzate con materiali di fortuna che ne consentivano un adeguato punto di ristoro.

Altresì era contestata la contravvenzione di cui all’art. 727 c.p., per la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.

Per il reato base è stata prevista la multa di euro 12 mila.

In questa vicenda, molto complessa dal punto di vista pratico, un ruolo determinante è stato svolto dal sequestro degli animali (in seguito confiscati ai sensi dell’art. 544 sexies c.p.), per le difficoltà di sistemazione degli animali, peraltro durante l’epidemia della c.d. peste suina e dei correlati problemi di spostamento e collocamento degli animali.

La minaccia dell’abbattimento disposto per fronteggiare la peste suina ha connotato tutta la fase di spostamento degli animali e della ricerca di strutture adeguate in biosicurezza per contenere i rischi. Nel corso del procedimento, è stato osservato come il problema epidemiologico della peste suina africana sia scientificamente considerato pericoloso unicamente per le specie di suidi, selvatici o meno, in relazione alla destinazione di filiera alimentare correlata al consumo umano.

Rispetto a questa problematica, il Ministero della Salute aveva fornito chiarimenti in merito alle misure di controllo e prevenzione, precisando che il dispositivo dirigenziale prot. 1195 del 18 gennaio 2022, non prescrive l’abbattimento preventivo di tutti i suini detenuti in zona infetta da PSA e nell’area con essa confinante quanto piuttosto la sola macellazione (immediata e programmata) dei soli suini detenuti per la produzione di alimenti per uso umano. Il Ministero precisa che, fermo restando che il Regolamento UE 2016/429 non contempla il suino tra le specie di animali da compagnia elencate nell’allegato 1, dello stesso regolamento, tenuto conto tuttavia che in alcune realtà sporadiche, comprovate, suidi vengano detenuti per finalità diverse dalla produzione zootecnica o alimentare, si ritiene derogabile la procedura di macellazione, per questi ultimi, purché sia garantito il rigoroso rispetto di tutte le misure di biosicurezza utili ad evitare l’infezione da PSA e della sua diffusione. L’informativa del Ministero aggiunge che «è in via di definizione un provvedimento ministeriale finalizzato alla corretta registrazione di questa categoria di suini e dei loro proprietari nella banca dati nazionale informatizzata (BDN) per assicurare l’assolvimento degli obblighi previsti dalla vigente normativa comunitaria e nazionale in materia di identificazione e registrazione degli animali».

Talune delle associazioni a cui gli animali sono stati affidati, hanno osservato che su un piano più generale, nel nostro ordinamento giuridico, gli animali sottoposti a sequestro per i reati che mirano a tutelare gli stessi e ne tutelano l’integrità, anche come bene giuridico in sé, sono oggetto di tutela penale e benessere anche con l’ausilio delle associazioni e degli enti preposti che ne facciano richiesta, se e quando previsto dallo Statuto delle stesse. Inoltre, si è osservato che, sempre su un piano generale, gli animali sequestrati non possono ex lege rientrare nella filiera produttiva e quindi nel ciclo della macellazione.

Ciò si desume sulla base di tre ordini di motivi: in primis sarebbe illogico, irrazionale e contrario allo spirito della legge che ha modificato il codice penale, sequestrare animali per tutelarli e poi disporne l’uccisione; in secondo luogo, perché gli animali concretamente sequestrati erano sprovvisti di qualsivoglia tracciabilità, vivevano in ambienti insalubri a contatto con metalli e materiali di risulta, erano nati da parti promiscui, cui non si disponeva di diciture in merito ai trattamenti farmacologici poiché la struttura abusiva era da sempre sprovvista di apposito registro, in definitiva non sarebbero neppure astrattamente idonei al consumo, quindi non sarebbero neppure in via ipotetica macellabili; in terzo luogo, gli animali sequestrati costituivano prova del reato e, dunque, non ne sarebbe consentita l’eliminazione. Si concludeva, pertanto, nel senso che, nonostante la c.d. peste suina, nel caso di specie, non vi erano oggettivamente i presupposti per l’abbattimento quale misura per prevenire il contagio dalla peste suina (per l’assorbente motivo che deriva dal fatto che tali animali non possono rientrare nella filiera alimentare umana).

Ravvisato dunque più di uno spiraglio per salvare la vita agli animali e impedirne l’uccisione per mano dello Stato, dunque, si imponeva quanto meno, in via cautelare, una sospensione di qualsiasi abbattimento, da chiunque eventualmente disposto.

Avv. Annalisa Gasparre – foro di Pavia – Specialista in Diritto penale

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