Una donna, titolare di un bar tabacchi, è stata condannata per violazione della normativa a tutela del lavoro dei minori. Nel caso concreto, il minore in questione era il figlio ma ciò non ha scriminato la condotta.
Nello specifico, la titolare dell’attività doveva produrre la certificazione di idoneità lavorativa del minore impiegato, che è stabilita espressamente dalla normativa a tutela del lavoro dei minori (art. 8 co. 1 legge 977/1967).
Nonostante l’eliminazione dell’obbligatorietà di numerose certificazioni sanitarie ad opera dell’art. 42 d.l. 69 del 2013, la visita pre-assuntiva rimane obbligatoria per tutti i lavoratori minorenni che intendono intraprendere un’attività lavorativa (anche a titolo di tirocinio o apprendistato) e deve essere svolta secondo modalità precise allo scopo precipuo di valutare l’idoneità fisica e psicologica allo svolgimento delle mansioni cui il minore è adibito; resta inoltre fermo l’obbligo delle certificazione sanitarie per le lavorazioni c.d. a rischio (tra le quali possono farsi rientrare quelle, come nel caso di specie, che presuppongono il contatto e la somministrazione di sostanze alcoliche e superalcoliche).
Il tribunale evidenzia che tale normativa, posta a tutela del lavoratore minorenne riguarda anche i lavoratori minorenni nei rapporti di lavoro c.d. a dimensione familiare. Risultano pertanto integrati nel caso di specie tutti gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi della fattispecie prevista dall’art. 8 1. 977/1967 con applicazione dell’art. 26 come sostituito dall’art. 1 d.lgs. 9 settembre 1994, n. 566.
Avv. Annalisa Gasparre – avvocatoannalisagasparre@gmail.com
Trib. Potenza, sez. pen., sent., ud. 21 febbraio 2024 (dep. 1 marzo 2024), n. 121 – Giudice Cirillo
Motivi in fatto e diritto della decisione
Ritiene il Tribunale che risulta provata alla stregua delle risultanze in atti la responsabilità dell’odierna imputata in ordine al reato addebitatole al capo 2) di imputazione, sussistendone tutti gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi, imponendosi di converso una pronuncia assolutoria, seppure con formula dubitativa, con riguardo al reato ascrittole al capo 1) di imputazione perché il fatto non sussiste. Giova nel merito rilevare che gli elementi di prova utilizzabili da questo Giudice sono essenzialmente rappresentati dalle dichiarazioni rese in dibattimento dai testi di Polizia Giudiziaria Pi.Gi. e Lo.An., entrambi in servizio presso il Nucleo Mobile della Guardia di Finanza di …. e autori della perlustrazione del 24 luglio 2021.
Completano il quadro probatorio il verbale di sopralluogo redatto il 24 luglio 2021 ai sensi dell’art. 347 c.p.p. (acquisito con il consenso delle parti), nonché la documentazione anagrafica ed economica presente in atti.
In ogni caso, sia in quella sede che nei successivi controlli, nonostante la richiesta specifica sul punto, la Ia. non ha prodotto la certificazione di idoneità all’attività lavorativa del figlio De.Ga., espressamente prevista dalla normativa volta alla tutela del lavoro dei minori ai sensi dell’art. 8 co. 1 l. 977/1967. Così riassunto il contenuto delle prove assunte nel corso dell’istruttoria, passando alla loro valutazione, va rilevato che questo Giudice considera il narrato dei testi pienamente attendibile nel suo contenuto intrinseco.
Non vi sono infatti contraddizioni logiche macroscopiche, incidenti su aspetti fattuali essenziali della vicenda e la ricostruzione dei fatti, risultata dal riscontro tra le varie deposizioni, appare sostanzialmente univoca.
Va anche detto che tale valutazione di attendibilità è confortata dalla provenienza delle dichiarazioni da soggetti che rivestono la qualifica di pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni, nonché dai riscontri documentali (relativi alla documentazione anagrafica e societaria).
Così ricostruite e valutate le prove a sostegno dell’accusa, l’imputata non ha reso dichiarazioni utilizzabili nel presente procedimento. Né la Difesa ha prodotto prove a discarico, orali e documentali, idonee a sconfessare l’assunto accusatorio, finendo così per non ricostruire una versione alternativa dei fatti.
Dunque, le risultanze probatorie, da un lato, non hanno dimostrato con il grado di certezza richiesto in materia penale che l’imputata avesse adibito il figlio minore alla somministrazione al minuto di bevande alcoliche nell’esercizio commerciale relativo al bar-tabacchi “—-” sito in —- (PZ). Ed invero, sul punto, entrambi i testi di Polizia Giudiziaria escussi in dibattimento, hanno confermato che De.Ga. non è stato visto nell’atto di somministrare bevande alcoliche ai clienti del punto vendita, non essendo sufficiente ai fini della condanna la mera – e non oltre che rigidi divieti in relazione a determinate lavorazioni – l’effettuazione di una visita medica che ne accerti l’idoneità alla specifica attività lavorativa cui sarà adibito. La normativa laburistica in materia prevede anche che l’idoneità alla mansione del minorenne debba essere accertata periodicamente fino alla maggiore età, mediante visite da effettuarsi a intervalli non superiori a un anno. Il giudizio di idoneità o di inidoneità al lavoro, inoltre, deve essere comunicato, oltre che al minore e al datore di lavoro, anche ai titolari della potestà genitoriale, che hanno facoltà di chiedere copia della documentazione sanitaria.
Sul punto, va anche detto che se l’art. 42 d.l. 69/2013 ha eliminato l’obbligatorietà di numerose certificazioni sanitarie, la visita preassuntiva resta ancora obbligatoria per tutti i lavoratori minorenni che intendono intraprendere un’attività lavorativa (anche a titolo di tirocinio o apprendistato) e deve essere svolta secondo modalità precise allo scopo precipuo di valutare l’idoneità fisica e psicologica allo svolgimento delle mansioni cui il minore è adibito, rimanendo fermo l’obbligo delle certificazione sanitarie per le lavorazioni c.d. a rischio (tra le quali possono farsi rientrare quelle, come nel caso di specie, che presuppongono il contatto e la somministrazione di sostanze alcoliche e superalcoliche).
Ebbene, non vi è dubbio che tale normativa, posta a tutela del lavoratore minorenne, in linea con i principi costituzionali che informano il sistema (art. 37 Cost.), si riferisca -come nel caso di specie – anche ai lavoratori minorenni nei rapporti di lavoro c.d. a dimensione familiare.
Risultano dunque integrati nel caso di specie tutti gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi della fattispecie prevista dall’art. 8 1. 977/1967.
Non sussistono gli estremi per il riconoscimento della invocata causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. in favore dell’imputata, resasi responsabile di fatti non valutabili in termini di particolare tenuità perché in violazione della tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti oltre che non incensurata, bensì gravata da un precedente penale per condannato ed alla prevenzione del pericolo di commissione di altri reati da parte dello stesso. Come emerge dal certificato del Casellario Giudiziale in atti, e come poc’anzi già evidenziato, infatti, nonostante le precedenti condanne, Ia.Ri. ha pervicacemente posto in essere altre condotte penalmente rilevanti in violazione della normativa laburistica, peraltro a danno di minori, mostrando l’ostinata indifferenza dell’imputata ai continui richiami dell’autorità.
Alla condanna discende in ogni caso per legge, ai sensi dell’art. 535 c.p.p., l’obbligo in capo all’imputato di pagare le spese processuali.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 – 535 c.p.p., dichiara Ia.Ri. responsabile del reato a lei ascritto al capo 2) di imputazione e, per l’effetto, concesse le circostanze attenuanti generiche, la condanna alla pena di euro 150,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese di giudizio. Pena sospesa.
Letto l‘art. 530 cpv. c.p.p., assolve Ia.Ri. dal reato a lei ascritto al capo 1) di imputazione perché il fatto non sussiste.
Letto l‘art. 544, co. 3 c.p.p. indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
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