Due soggetti sono stati condannati per il reato di cui all’art. 677 c.p. per non aver eseguito, quali proprietari di appartamenti ricompresi in un condominio in stato di dissesto, i lavori necessari per eliminare lo stato di pericolo per la pubblica.
I giudici hanno accertato che vi era uno stato di pericolo e che era stata notificata l’ordinanza sindacale che ingiungeva di mettere in sicurezza il fabbricato.
È stato precisato che, in un edificio condominiale, l’obbligo di eseguire i ·lavori necessari a scongiurare il pericolo di rovina grava, in caso di mancata formazione della volontà assembleare, sul singolo condomino, indipendentemente dall’attribuibilità al medesimo della situazione pericolosa.
A nulla è valso affermare che il danno era stato provocato da una condomina che aveva compiuto un abuso edilizio e che si era opposta al pagamento dei lavori necessari.
I giudici sottolineano che potevano essere poste in essere molteplici iniziative per superare la mancata collaborazione della condomina; in alternativa, i condomini intenzionati a eseguire i lavori avrebbero potuto anticipare la parte di spese per poi recuperarle forzosamente; sarebbe stato possibile ricorrere all’autorità giudiziaria per imporre alla condomina riottosa di versare quanto dovuto per i lavori.
In concreto, invece, alcuna iniziativa risultava intrapresa per superare il rifiuto a partecipare alle spese.
Vale dunque il principio secondo cui l’obbligo di intervenire per eseguire i lavori necessari grava sul proprietario o suoi proprietari dell’edificio la cui responsabilità per il reato di cui all’art. 677 c.p. non è esclusa dalla circostanza di non avere la somma occorrente per l’esecuzione dei lavori.
Avv. Annalisa Gasparre – foro di Pavia – avvocatoannalisagasparre@gmail.com
Cass. pen., sez. III, ud. 19 marzo 2025 (dep. 11 aprile 2025), n. 14225
Presidente Ramacci – Relatore Bucca
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 13/5/2024 il Tribunale di Napoli ritenne D.R.G. e A.P. responsabili della contravvenzione di cui all’art. 677 cod. pen. per non aver eseguito, quali proprietari di appartamenti ricompresi nell’immobile sito in (OMISSIS), in stato di dissesto, i lavori necessari per eliminare lo stato di pericolo per la pubblica incolumità imposti con le ordinanze sindacali n. 793, 794, 798, 799 e 795 del 28/6/2016 e, concesse le attenuanti generiche, li condannò alla pena di € 400,00 di ammenda ciascuno.
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso A.P. e D.R.G. che, con il primo motivo, denunciano il deficit di motivazione, sostenendo che il Tribunale non aveva preso in considerazione le “prove favorevoli per i rei” che dimostravano che i lavori non erano stati eseguiti in quanto S., proprietaria di uno degli appartamenti, aveva impedito agli altri condomini “di poter regolarmente conferire mandato a ditte per una ristrutturazione ordinaria e straordinaria dell’immobile tutto”. Si precisa che dalla relazione del 30/11/2015 della Direzione centrale ambiente e tutela del territorio emergeva che erano stati gli abusi edilizi commessi da S. che avevano danneggiato la facciata dell’edificio provocando “la lesione sub verticale sull’architrave del balcone al primo piano” che aveva determinato l’intervento dell’ente territoriale, benché non fosse mai insorto un concreto pericolo per la pubblica incolumità. Si aggiunge che era stata individuata una ditta per eseguire i lavori ma S., rifiutandosi di versare l’imposto corrispondente alla parte del corrispettivo su di lei gravante, aveva impedito l’esecuzione dei lavori.
3. Con il secondo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. d) ed e) in ordine alla mancata ammissione, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., dell’ing. P. deducendo che il tecnico avrebbe potuto riferire “in ordine allo stato dei luoghi e alle responsabilità della sig.ra S.”.
4. Con il terzo motivo, si denuncia il vizio di motivazione in relazione alla mancata motivazione circa la richiesta di applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. Si lamenta che il Tribunale non aveva argomentato in ordine alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità ritualmente avanzata in considerazione della condotta collaborativa dei ricorrenti e della mancanza di un concreto disvalore sociale derivante dalla condotta.
5. Con ultimo motivo, si denuncia il vizio di motivazione in relazione al “riconoscimento delle attenuanti generiche nella loro massima estensione e al contenimento della pena entro i limiti edittali”. Si rappresenta che la pena base risultava superiore al minimo edittale senza che la motivazione desse conto di un tale scostamento e che il Tribunale non aveva tenuto conto delle “doglianze sollevate dalla difesa con apposito memoriale depositato all’udienza del 13/5/2024”.
Considerato in diritto
I ricorsi sono infondati.
1. La motivazione dà conto dell’integrazione di tutti gli elementi previsti dalla fattispecie incriminatrice: lo stato di pericolo determinato dalla caduta dell’intonaco e dalle lesioni alla muratura portante; la notifica dell’ordinanza sindacale che ingiungeva “di mettere in sicurezza il fabbricato”; la persistente inadempienza da parte degli ingiunti che sino al 19/4/2019 non avevano ottemperato alle ordinanze loro notificate.
Giova ribadire, poi, che, in un edificio condominiale, l’obbligo – penalmente sanzionato dall’art. 677 cod. pen. – di eseguire i ·lavori necessari a scongiurare il pericolo di rovina grava, in caso di mancata formazione della volontà assembleare, sul singolo condomino, indipendentemente dall’attribuibilità al medesimo della situazione pericolosa (Sez. 1, n. 50366 del 07/10/ 2019, Assabese, Rv. 278081 – 01; Sez. 1, n. 6596 del 17/01/2008, Rv. 239129 – 01).
2. La stessa allegazione difensiva, inoltre, consente di escludere che la mancata esecuzione dell’intervento sia dipesa da una situazione di impossibilità non ascrivibile ai ricorrenti neppure per colpa. Molteplici, infatti, erano le iniziative che potevano essere adottate per superare la mancata collaborazione di S.: i condomini intenzionati a eseguire i lavori avrebbero potuto anticipare la parte di spese gravante su S. per poi recuperarle forzosamente; sarebbe stato possibile ricorrere all’autorità giudiziaria per imporre alla condomina riottosa di versare quanto dovuto per i lavori.
Nessuna iniziativa, invece, risulta intrapresa per superare il rifiuto di S. a partecipare alle spese.
Questa Corte, in un caso assai simile, ha statuito che, in mancanza di un amministratore del condominio, l’obbligo di intervenire per eseguire i lavori necessari grava sul proprietario o suoi proprietari dell’edificio la cui responsabilità per il reato di cui all’art. 677 cod. pen. non è esclusa dalla dedotta circostanza di non avere la somma occorrente per l’esecuzione dei lavori (Sez. 1, n. 9866 del 3/10/1996, Brizzi, Rv. 206074 che richiama Cass. 31/1/1953, Coppola).
3. Le considerazioni esposte consentono di disattendere anche il secondo motivo del ricorso, risultando del tutto irrilevante, ai fini dell’integrazione del reato, se la situazione di pericolo fosse stata cagionata dai lavori realizzati da S..
4. Manifestamente infondato risulta il motivo relativo alla pena. Il Tribunale ha applicato una pena che è molto più prossima al minimo edittale rispetto alla media edittale e sono state riconosciute le attenuanti generiche.
Il riferimento all’art. 133 cod. pen. fornisce, pertanto, adeguata motivazione al trattamento sanzionatorio.
E’ stato, infatti, ripetutamente precisato che, nel caso in cui venga irrogata, come nel caso in esame, una pena al di sotto della media edittale non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283).
5. Venendo al terzo motivo del ricorso, dalla sintesi delle conclusioni rassegnate dalle parti risulta che, in sede di conclusioni, era stata chiesta l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
Tale richiesta, sia pure implicitamente, è stata respinta dal Tribunale risultando la particolare tenuità dell’offesa incompatibile con la pena applicata, che si discosta dal minimo edittale, e con la ricostruzione della condotta come di consistente durata, risultando dopo due anni e sei mesi dalla notifica dell’ordinanza sindacale non ancora eseguiti i lavori necessari per la messa in sicurezza dell’immobile.
Occorre anche osservare che l’omesso esame di un motivo di appello da parte della Corte di merito non dà luogo a un difetto di motivazione rilevante a norma dell’art. 606 cod. proc. pen., nè determina incompletezza della motivazione della sentenza allorché, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima (Sez. 4, n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420 – 01; Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, Cincola’, Rv. 282097 – 01).
6. Alla stregua delle considerazioni svolte, i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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