Una maestra è stata condannata per il reato di maltrattamento in famiglia, per la condotta tenuta nei confronti dei minori a lei affidati.

Il processo metteva in evidenza che la maestra era stata aggressiva, sia fisicamente che verbalmente: epiteti ingiuriosi gravi, anche di matrice razzista, volgari.

I giudici chiariscono che ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti è richiesto il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità; ne consegue che deve escludersi che l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per finalità educative sia elemento dirimente per fare rientrare gli abituali atti di violenza posti in essere in danno dei figli minori nella previsione del delitto (meno grave) di abuso dei mezzi di correzione, in quanto gli atti di violenza devono ritenersi oggettivamente esclusi dalla fattispecie da ultimo richiamata, dovendo ritenersi tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tradiscano l’importante e delicata funzione educativa.

Avv. Annalisa Gasparre – foro di Pavia – Specialista in Diritto Penale

Per appuntamenti: segreteriastudiolegalegasparre@gmail.com

Cass. pen., sez. VI, ud. 17 ottobre 2022 (dep. 15 novembre 2022), n. 43434 – Presidente Costanzo – Relatore Capozzi

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Trieste, a seguito di gravame interposto dall’imputata B.E. avverso la sentenza emessa in data 13 febbraio 2019 dal Tribunale di Udine, in parziale riforma della decisione, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, ha rideterminato la pena inflitta in relazione al reato di cui agli artt. 61 c.p., n. 11-ter, art. 61 c.p., n. 11-quinquies, art. 572 c.p., ai danni di minori a lei affidati in qualità di insegnante, disponendone la sospensione condizionale.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del difensore, deducendo con unico motivo manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 572 c.p. tenuto conto delle ragioni per le quali sono state riconosciute sussistenti le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, direttamente incidenti sul profilo soggettivo, tale da escluderlo – o quantomeno, da farne dubitare.

3. Il procedimento si è svolto ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, commi 8 e 9, conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176 (i cui effetti sono stati prorogati dal D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7 del convertito dalla L. 16 settembre 2021, n. 126; ed ancora, dal D.L. 30 dicembre 2021 n. 228, art. 16 convertito in L. 25 febbraio 2022, n. 15).

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

2. La sentenza ha riconosciuto sussistente la condotta maltrattante tenuta dalla imputata ai danni dei minori affidati al suo compito educativo e, segnatamente, il profilo soggettivo ritenendo accertato l’utilizzo di aggressività fisica, oltre che verbale – quest’ultima manifestata con epiteti ingiuriosi gravi, anche di matrice razzista, volgari – correttamente ritenuta incompatibile con la finalità educativa dedotta dalla difesa appellante e da ritenersi abituale in relazione alla loro frequenza nell’arco temporale considerato.

Non risultano affatto illogiche rispetto a tale conclusione, e pertanto non ne inficiano la correttezza, le ragioni poste a base del diverso profilo riguardante il riconoscimento delle attenuanti generiche che valorizzano il convincimento interiore della imputata di agire nell’interesse dei minori – del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del dolo – oltre che le non eccessive condotte reattive in uno alle obiettive difficoltà di gestione del gruppo di alunni.

Costituisce, invero, jus receptum che per la configurabilità del reato di maltrattamenti l’art. 572 c.p. richiede il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità; ne consegue che deve escludersi che l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per finalità educative sia elemento dirimente per fare rientrare gli abituali atti di violenza posti in essere in danno dei figli minori nella previsione di cui all’art. 571 c.p., in quanto gli atti di violenza devono ritenersi oggettivamente esclusi dalla fattispecie dell’abuso dei mezzi di correzione, dovendo ritenersi tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tradiscano l’importante e delicata funzione educativa (Sez. 6, n. 39927 del 22/09/2005, Agugliaro, Rv. 233478) e che, in ogni caso, siano irrilevanti le convinzioni soggettive – di tipo culturale o anche religioso del soggetto maltrattante (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 26153 del 26/04/2011, Rv. 250430).

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

#

Comments are closed