Un infermiere è stato condannato per violenza sessuale in danno di una paziente del reparto di psichiatria, per averla costretta a subire atti sessuali consistiti in palpeggiamento del seno e toccamento della vagina, con l’aggravante di avere commesso il fatto con violazione dei doveri connessi all’esercizio della funzione di infermiere addetto al reparto psichiatrico ove la persona offesa era ricoverata. Gli è stata però riconosciuta l’attenuante del fatto di minore gravità.

Tale attenuante, ricorda la Suprema Corte, concerne la minore lesività del fatto in concreto rapportata al bene giuridico tutelato. Per valutarne la sussistenza, assumono particolare rilevanza la qualità dell’atto compiuto (più che la quantità di violenza fisica), il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni (fisiche e mentali) di quest’ultima, le caratteristiche psicologiche (valutate in relazione all’età), l’entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici.

Avv. Annalisa Gasparre – foro di Pavia – Specialista in Diritto Penale

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Cass. pen., sez. III, ud. 25 ottobre 2022 (dep. 13 gennaio 2023), n. 912 – Presidente Aceto – Relatore Gai

Ritenuto in fatto

1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di L’Aquila in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Lanciano, ha riconosciuto all’imputato la circostanza di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3 in misura di prevalenza sulla circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 9, e ha ridotto la pena al medesimo inflitta, in anni tre e mesi quattro di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 609 bis c.p.art. 61 c.p., n. 9 perché costringeva la persona offesa a subire atti sessuali consistiti in palpeggiamento del seno e toccamento della vagina, con l’aggravante di avere commesso il fatto con violazione dei doveri connessi all’esercizio della funzione di infermiere addetto al reparto psichiatrico ove la persona offesa era ricoverata.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso il Procuratore generale e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’erronea applicazione della legge penale segnatamente l’art. 609 bis c.p., comma 3 e il vizio di motivazione.

Argomenta il ricorrente che la corte territoriale non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi reiteratamente espressi dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, prevista dall’art. 609-bis c.p., comma 3, deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età, in modo da accertare che la libertà sessuale non sia stata compressa in maniera grave e che non sia stato arrecato alla vittima un danno grave, anche in termini psichici, ed avrebbe illogicamente riconosciuto sussistente il fatto lieve senza valutazione del grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni psichiche (la vittima era stesa su un lettino con gli elettrodi posizionati sul corpo) e di compromissione della libertà sessuale e di valutazione del danno psichico, limitando il giudizio espresso di minore gravità sulla natura oggettiva degli atti sessuali.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è inammissibile sulla base delle seguenti ragioni.

Secondo l’indirizzo interpretativo consolidato della giurisprudenza di legittimità, l’attenuante in discussione non risponde ad esigenze di adeguamento del fatto alla colpevolezza del reo, ma concerne la minore lesività del fatto in concreto rapportata al bene giuridico tutelato.

In tale ambito, assumono particolare rilevanza la qualità dell’atto compiuto (più che la quantità di violenza fisica), il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni (fisiche e mentali) di quest’ultima, le caratteristiche psicologiche (valutate in relazione all’età), l’entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (Sez. 3, n. 23913 del 14/05/2014, Rv. 259196 – 01; Sez. 3, n. 34236 del 12/07/2012. A., Rv. 253172 – 01; Sez. 3, n. 27272 del 15/06/2010, P., Rv. 247931 – 01). Rilevano, in particolare, i soli elementi indicati dall’art. 133 c.p., comma 1, e non anche quelli di cui al comma 2, utilizzabili solo per la commisurazione complessiva della pena (Sez. 3, n. 14560 del 17/10/2017, Rv. 272584 – 01; Sez. 3, n. 31841 del 02/04/2014, C., Rv. 260289 – 01).

La sentenza impugnata, dopo aver richiamato l’orientamento giurisprudenziale sopra riportato, ha reso una motivazione, nel caso concreto, congrua e in linea con i principi sopra richiamati.

Nella valutazione globale del fatto ha dato rilievo, la corte territoriale, alla tipologia degli atti sessuali compiuti in modo repentino consistiti in un bacio sulla guancia e toccamento della vagina e del seno, alla circostanza che subito dopo la persona offesa si era recata nella stanza fumatori dove era stata raggiunta dall’imputato che si era scusato, elementi da cui ha tratto la conclusione che la libertà sessuale non fosse stata compressa in modo grave e, contrariamente all’assunto del ricorrente, ha valutato la vulnerabilità della vittima, degente presso il reparto psichiatria del locale ospedale, e la sua fragilità psicologica che ha ritenuto compromessa in maniera non grave proprio sulla scorta degli elementi sopra evidenziati, motivazione contrastata dal ricorrente non specificatamente non essendosi confrontato appieno con l’intera ratio decidendi che non aveva posto a base del riconoscimento del fatto di minore gravità la sola tipologia di atti sessuali compiuti.

Il ricorso del Procuratore generale è inammissibile.

La Corte dispone, inoltre, che copia del presente dispositivo sia trasmessa all’Amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico a norma dell’art. 154 ter disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

La Corte dispone che copia del presente dispositivo sia trasmessa all’Amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico (Regione Abruzzo) a norma dell’art. 154 ter disp. att. c.p.p..

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.


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