È aggravato il furto della bicicletta collocata nelle rastrelliere se relative al servizio di bike sharing.
Prima che si attivasse il sistema di bloccaggio, un uomo sottraeva la bicicletta.
Il furto si qualifica come aggravato dall’esposizione alla pubblica fede. Sebbene tale aggravante (per consuetudine) non sussista, in termini generali, perché non è abitudine dei proprietari lasciare le biciclette sulla pubblica via senza assicurarle con una catena antifurto, l’aggravante sussiste, nel caso in cui la bicicletta sia parcheggiata sulla pubblica via per una sosta temporanea (per necessità). Invero, in simili casi, l’esposizione alla pubblica fede è motivata dalla necessità di utilizzare la bicicletta per atti della vita quotidiana, come fare la spesa, recarsi a svolgere alcune commissioni, e simili.
Tale principio trova specifica applicazione nel caso delle biciclette posizionate nelle strade da chi gestisce il servizio di bike sharing; è infatti indubbio che l’efficacia del servizio, tali mezzi di trasporto debbano agevolmente prelevabili e utilizzabili dal pubblico e che altrettanto agevoli ne siano la restituzione e il termine del noleggio.
Infatti, al fine di rendere autonomi gli utenti nell’eseguire tali operazioni, è previsto un sistema di sblocco/blocco del velocipede, che viene azionato dall’utente mediante una tessera o un comando da applicazione telematica.
Nella vicenda in commento, la bicicletta era stata momentaneamente collocata nell’apposita rastrelliera a disposizione di ulteriori utilizzatori e, non risultando alcun danneggiamento, la sottrazione doveva ritenersi avvenuta nel breve arco di tempo che intercorre tra il termine del noleggio e l’attivazione del sistema di blocco ovvero anche successivamente, ove non correttamente installata.
In conclusione, la bicicletta che viene messa a disposizione degli utenti lungo la pubblica via nell’esercizio dell’attività di bike sharing è da considerarsi esposta per necessità alla pubblica fede e, in caso di furto, è contestata anche la predetta aggravante.
Avv. Annalisa Gasparre – Specialista in Diritto penale – foro di Pavia
Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2021 (dep. 8 ottobre 2021), n. 36547 – Presidente Di Salvo – Relatore Serrao
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza di condanna emessa il 21/03/2019 dal Tribunale di Monza nei confronti di Z.L., imputato del reato di cui all’art. 648 c.p., con recidiva specifica reiterata e infraquinquennale per aver acquistato e comunque ricevuto da ignoti la bicicletta di proprietà della C.C., denunciata provento di furto da M.L. in data (omissis) nella sua qualità di ultima detentrice della bicicletta e condannato in primo grado, previa riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 624 c.p. e art. 625 c.p., n. 7, alla pena di un anno di reclusione ed Euro 200 di multa (pena base un anno mesi tre di reclusione ed Euro 250 di multa, aumentata per la recidiva ad anni uno mesi sei di reclusione ed Euro 300 di multa, ridotta per il rito abbreviato).
I giudici di appello hanno confermato la qualificazione del fatto quale furto aggravato così ricostruendo il fatto: il (omissis) M.L. aveva ricollocato dopo l’uso la bicicletta negli appositi stralli; l’imputato la aveva sottratta prima che si attivasse il sistema di bloccaggio ovvero anche dopo qualche tempo, qualora il sistema non si fosse attivato per il non corretto posizionamento del veicolo; tre giorni dopo Z.L. era stato sorpreso in possesso del velocipede. La Corte ha rimarcato che non fosse oggetto di contestazione che l’imputato avesse sottratto la bicicletta, essendo invece contestati il momento in cui la sottrazione era avvenuta e l’intento dell’imputato di impossessarsene; sulla scorta delle dichiarazioni rese dall’imputato e dalla querelante ultima detentrice, la Corte ha ritenuto provato che la bicicletta fosse stata sottratta il (omissis) ma non raggiunta la prova che l’imputato avesse l’intento di restituirla dopo averla utilizzata, anche perché il recupero era avvenuto ad opera degli agenti di polizia locale il 23 agosto 2014.
2. Z.L. ha proposto ricorso per cassazione deducendo, con un primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 626 c.p., comma 1, n. 1; la difesa sostiene che erroneamente i giudici di merito hanno negato la diversa qualificazione sul presupposto che mancasse il requisito indefettibile della spontaneità della restituzione, considerato che la restituzione è stata impedita da forza maggiore per l’imprevisto intervento della polizia. Il ricorrente è, infatti, solito utilizzare le biciclette del servizio bike sharing quando le trova aperte o comunque non ben agganciate al supporto, al solo fine di spostarsi per la città di Milano, ma con l’intento poi di riporre le bici nella rastrelliera.
Con un secondo motivo ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7; la difesa sostiene che la bicicletta era aperta o comunque non ben agganciata ai supporti e che, non potendo qualificarsi come radicata l’abitudine del ciclista di lasciare la bicicletta sulla pubblica via senza assicurarla mediante chiave di chiusura o catena antifurto, difetterebbe il presupposto applicativo dell’aggravante.
3. All’udienza odierna, procedendosi a trattazione orale secondo la disciplina ordinaria, in virtù del disposto del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7, comma 2, entrato in vigore in pari data, è comparso il solo Procuratore generale che ha assunto le conclusioni nei termini riportati in epigrafe.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
1.1. È consolidato nella giurisprudenza della Corte di legittimità il principio secondo il quale “Il furto d’uso presuppone una restituzione spontanea della refurtiva dopo l’uso momentaneo, con la conseguenza che tutte le cause, anche indipendenti dalla volontà del colpevole, che determinano una coazione o impediscono la restituzione, rendono applicabile il titolo comune di furto” (Sez. 5, n. 6431 del 29/12/2014, dep. 2015, Belprati Rv. 262664; Sez. 4, n. 1045 del 15/12/2006, dep.2007, Terlimbacco Rv. 236020; Sez. 2, n. 9090 del 07/03/1989, dep. 1990, Nicosia, Rv. 184695).
1.2. La pronuncia impugnata ha, dunque, correttamente e con motivazione esente da vizi, qualificato il fatto ai sensi dell’art. 624 c.p. secondo l’interpretazione fornitane dall’organo di nomofilachia.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
2.1. Sebbene si ritenga che la circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., comma 1, n. 7, in termini di esposizione per consuetudine alla pubblica fede, non sia configurabile nel caso in cui si verifichi il furto di una bicicletta lasciata senza alcuna custodia in una pubblica via, non essendo abitudine dei proprietari lasciare le loro biciclette sulla pubblica via senza avere cura di assicurarle mediante l’utilizzo della catena antifurto (Sez. 4, n. 38532 del 22/09/2010, Catone Rv. 248836), occorre tuttavia evidenziare che la Corte di legittimità ha più volte affermato che tale aggravante sussiste, in termini di esposizione per necessità alla pubblica fede, in caso di furto di una bicicletta parcheggiata sulla pubblica via dal proprietario per una sosta temporanea (Sez. 5, n. 17604 del 13/01/2020, Dicuonzo, Rv. 279343; Sez. 4, n. 16022 del 20/12/2018, dep. 2019, Tanzi, Rv. 275578; Sez. 4, n. 4200 del 20/10/2016, dep. 2017, Ribaga, Rv. 269128); in simili casi, l’esposizione alla pubblica fede è motivata dalla necessità di utilizzare il velocipede per atti della vita quotidiana, come fare la spesa, recarsi a svolgere alcune commissioni, e simili.
2.2. Tale secondo principio interpretativo deve, ad avviso del Collegio, trovare a fortiori applicazione con riferimento ai velocipedi posizionati nelle vie cittadine da chi gestisce il servizio di bike sharing, essendo necessario per l’efficacia del servizio che tali mezzi di trasporto siano agevolmente prelevabili e utilizzabili dal pubblico, e che altrettanto agevoli ne siano la restituzione e il termine del noleggio. Onde rendere autonomi gli utenti nell’eseguire tali operazioni, è solitamente previsto un sistema di sblocco/blocco del velocipede, che viene azionato dall’utente mediante una tessera o un comando da applicazione telematica, essendo indispensabile un minimo tempo tecnico per lo sblocco del mezzo ed altrettanto per il blocco che precede la messa a disposizione di futuri utenti.
2.3. Nel caso in esame, i giudici di appello hanno correttamente evidenziato che la bicicletta era stata momentaneamente collocata nell’apposita rastrelliera a disposizione di ulteriori utilizzatori e che, non risultando alcun danneggiamento, la sottrazione dovesse ritenersi avvenuta nel breve arco di tempo che intercorre tra il termine del noleggio e l’attivazione del sistema di blocco ovvero anche successivamente, ove non correttamente installata. Approfittando, in altri termini, del metodo di funzionamento necessario per computare il tempo di durata della corsa e del tempo intercorrente tra la fine della corsa e la restituzione del mezzo con attivazione del sistema di bloccaggio.
2.4. Sulla base delle considerazioni che precedono, si ritiene che la Corte di appello abbia correttamente affermato che la bicicletta che viene messa a disposizione degli utenti lungo la pubblica via nell’esercizio dell’attività di bike sharing fosse da considerarsi esposta per necessità alla pubblica fede, considerando il relativo furto aggravato ai sensi dell’art. 625 c.p., comma 1, n. 7.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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