L’imputata, esercente l’attività di parrucchiera, è stata condannata per lesioni personali per aver cagionato ustioni di secondo e terzo grado al cuoio capelluto, colpa consistente in imperizia e negligenza. Nello specifico, aveva lasciato in posa sul cuoio capelluto prodotti per la decolorazione dei capelli oltre il tempo necessario. L’azione del prodotto era stata accelerata e potenziata dal calore del casco asciugacapelli.

Tuttavia, la sentenza è stata annullata perché aveva giudicato il Tribunale e non il Giudice di pace.

Ricorda infatti la Suprema Corte che il Tribunale è competente per colpa professionale, quale si intende quella dell’esercente una professione intellettuale, disciplinata dall’art. 2229 c.c., tra cui non rientra il parrucchiere.

Avv. Annalisa Gasparre – Specialista in diritto penale – avvocatoannalisagasparre@gmail.com

Cass. pen., sez IV, ud. 20 giugno 2023 (dep. 29 settembre 2023), n. 39526 – Presidente Dovere – Relatore Bruno

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza emessa in data 22/9/2.022, la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Avellino a carico di S.G., ritenuta responsabile del delitto di lesioni colpose gravi in danno di N.B.

All’imputata, esercente l’attività di parrucchiera, era contestato di avere cagionato alla persona offesa ustioni di secondo e terzo grado al cuoio capelluto, per imperizia e negligenza, avendo lasciato in posa sul cuoio capelluto prodotti per la decolorazione dei capelli oltre il tempo necessario (0xcream cotril professional 1000ML).

I giudici di merito, nelle due sentenze conformi, individuavano in capo a C.P. profili di colpa generica, accertando che la reazione sulla cute del prodotto decolorante era stata accelerata e potenziata dal calore del casco asciugacapelli.

2. Avverso la pronuncia di condanna ha proposto ricorso per Cassazione l’imputata, a mezzo del difensore, affidando le proprie doglianze ai seguenti motivi di ricorso.

I) Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale. Violazione di legge per essere stata la sentenza pronunciata da un giudice incompetente per materia.

La sentenza impugnata, lamenta la difesa, deve essere annullata per avere erroneamente ritenuto la competenza a decidere del Tribunale e non del Giudice di pace. In tema di lesioni colpose riconducibili a colpa professionale, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a) D. Lgs. n. 274/2000 la competenza del giudice di pace è esclusa solo per coloro i quali esercitino una delle professioni intellettuali disciplinate dall’art. 2229 codice civile.

Il parrucchiere non può essere qualificato come esercente una professione intellettuale, pertanto la competenza a giudicare nel merito in primo grado spettava al Giudice di pace e non al Tribunale.

II) Violazione di legge per essere stata la sentenza pronunciata da un giudice incompetente per materia; mancanza di motivazione.

La Corte di appello di Napoli nel decidere il motivo di appello proposto in relazione all’incompetenza per materia ha ritenuto di condividere integralmente le argomentazioni utilizzate dal primo giudice per respingere la questione.

Ebbene, sul punto il giudice di primo grado non ha minimamente argomentato.

Nel corso del giudizio innanzi al Tribunale, in seguito al mutamento della persona del giudice, era rinnovata l’istruttoria dibattimentale. La difesa dell’imputata reiterava l’eccezione di incompetenza per materia ed il Tribunale si limitava a rigettare la eccezione.

La giurisprudenza di legittimità ha più volte evidenziato che, a seguito del mutamento della composizione del collegio giudicante, il procedimento regredisce nella fase degli atti preliminari al dibattimento e, pertanto, ferma restando l’improponibilità di questioni preliminari in precedenza non sollevate, il giudice, nella nuova composizione, deve valutare le questioni tempestivamente sollevate dalle parti e decise dal giudice diversamente composto. Non può ritenersi che la necessità della rinnovazione riguardi soltanto le attività istruttorie poiché l’art. 525, comma 2, c.p.p., fa espresso riferimento al dibattimento, comprensivo delle attività processuali disciplinate dagli artt. 493 e 495 c.p.p., risultando arbitrario limitarne l’oggetto alla sola istruzione dibattimentale. La Corte appello, pertanto, richiama impropriamente le motivazioni del primo giudice, il quale, sul punto, non ha fornito alcuna giustificazione.

III) Violazione degli artt. 192 e 546 c.p.p., violazione di legge, travisamento della prova, vizio di motivazione, omissione del vaglio di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa e dai testimoni dell’accusa, mancata considerazione degli elementi a favore dell’imputata.

IV) Violazione e vizio di motivazione con riferimento all’art. 133 c.p., errata quantificazione della pena; mancata valutazione del grado della colpa.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto con valore assorbente rispetto ad ogni altra deduzione difensiva.

La sentenza impugnata e quella di primo grado devono essere annullate senza rinvio, essendo competente a conoscere il reato contestato il Giudice di pace e non il Tribunale, come prospettato dalla difesa nella eccezione riguardante la competenza per materia, proposta in primo grado e coltivata fino al giudizio di legittimità.

2. Come rammentato nella parte in fatto, è stato contestato alla imputata, esercente l’attività di parrucchiera, di avere cagionato per colpa lesioni gravi alla persona offesa, sua cliente, avendo applicato e lasciato in posa in modo inappropriato una tintura per capelli sulla cute della vittima.

Ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a), D. Lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274, il Giudice di pace è competente per i delitti di cui all’art. 590 c.p., “limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni”.

Alla stregua della formulazione letterale della norma, rientra nella competenza per materia del Giudice di pace il delitto di lesioni colpose anche gravi non riconducibili a violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, delle norme relative all’igiene del lavoro o alla colpa professionale (si veda in argomento Sez. 1 n. 32261/21 n. m., che, nel risolvere a favore del Giudice di Pace il conflitto di competenza insorto con il Tribunale in un caso di lesioni colpose gravissime conseguenti alla messa in commercio di prodotti pericolosi per la salute, ha condivisibilmente affermato: “Il contenuto letterale delle disposizioni in esame e la collocazione degli incisi contenuti, rispettivamente, nell’art. 4, lett. a) e nell’art. 590 c.p., comma 5, inseriti al termine della tassativa elencazione delle ipotesi di esclusione della competenza per materia del giudice di pace, consentono di affermare che il legislatore ha inteso sottrarre alla competenza dello stesso unicamente i casi di lesioni personali di maggiore rilievo – quanto alle conseguenze – connessi alla inosservanza delle norme antinfortunistiche o in materia di igiene del lavoro o, infine, alla nozione di colpa professionale, quale desumibile dai normali criteri di valutazione della colpa dettati dall’art. 43 c.p. e dall’art. 2229 c.c. (Sez. 1, 16 marzo 2004, n. 22712, confl. comp. in proc. Cora, rv. 228511)”.

Quanto stabilito dalla pronuncia da ultimo citata deve essere qui ribadito, dovendosi escludere che le pur gravi lesioni cagionate alla persona offesa siano riconducibili all’area degli infortuni sul lavoro o a quella dell’igiene del lavoro, evidentemente difettando in capo alla imputata la qualità datoriale nel rapporto instauratosi con la persona offesa, sua cliente.

Deve parimenti escludersi che la condotta contestata sia riconducibile nell’ambito della colpa professionale, limitata a colui che eserciti una delle professioni “intellettuali” previste e disciplinate dagli artt. 2229 e seguenti c.c., in cui la prestazione presenta un connotato intellettuale preminente rispetto a quello materiale, come gli esercenti le professioni sanitarie.

Invero, secondo costante insegnamento di questa Corte per “colpa professionale” deve intendersi soltanto quella di chi eserciti una professione “intellettuale”, prevista dalla norma del codice civile da ultimo citata, con esclusione di chiunque eserciti in modo professionale una certa attività (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 17573 del 23/02/2010, Rv. 247090 – 01: “In tema di lesioni colpose riconducibili a colpa professionale che, ai sensi dell’art. 4, comma 1 lett. a), D. Lgs. n. 28 agosto 2000 n. 274, escludono la competenza del giudice di pace, per “colpa professionale” deve intendersi soltanto quella di chi eserciti una delle professioni “intellettuali”, previste e disciplinate dagli artt. 2229 c.c. e non quella di chiunque eserciti professionalmente una certa attività”).

Non rileva ai fini della qualificazione di esercente un’attività intellettuale, il fatto che gli acconciatori, in seguito alla emanazione della L. n. 174 del 17/8/2005, debbano seguire appositi corsi di formazione onde potere esercitare l’attività in forma autonoma. Tale previsione, infatti, non incide sulla natura della loro prestazione.

3. In ragione di quanto precede la sentenza impugnata e quella del Tribunale di Benevento devono essere annullate senza rinvio.

Si dispone l’oscuramento dati, atteso il riferimento a dati personali sensibili riguardanti la persona offesa ai sensi degli artt. 4 e 52 del D. Lgs. n. 196 del 2003.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella del Tribunale di Benevento del 24.3.21.

Oscuramento dati: in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell‘art. 52 D. Lgs. n. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

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