Non basta la licenza di caccia né comunicare il trasferimento delle armi: nel caso in cui si ereditino delle armi è necessaria la denuncia.

Nel caso deciso dalla Corte di cassazione, l’imputato era titolare di porto d’armi uso caccia e legalmente deteneva due fucili e una carabina; in relazione agli ulteriori tre fucili ereditati dal padre non aveva provveduto alla denuncia, ritenendo che non vi fosse obbligo di richiedere il nulla osta per la detenzione, bensì unicamente l’obbligo di denunciare il trasferimento a suo nome.

La Corte di cassazione, su impulso del Procuratore generale, precisa che la circostanza relativa alla titolarità, in capo all’imputato, del porto d’armi per uso caccia non fa venir meno l’obbligo di denuncia della detenzione di armi (all’ufficio pubblica sicurezza del luogo dove si trova l’arma).

Nei casi di successione della detenzione di armi comuni da sparo, l’obbligo di denuncia incombe (ovviamente) sul nuovo detentore.

In conclusione: ogni soggetto che abbia acquisito la consapevole detenzione di un’arma comune da sparo è tenuto a farne denuncia all’autorità locale di pubblica sicurezza. L’obbligo della denuncia (art. 38 t.u.l.p.s.) incombe a chiunque detiene armi comuni da sparo, a prescindere dal titolo di acquisto della proprietà e dal fatto che il dante causa avesse, o meno, denunciato la detenzione delle armi.

Infatti, l’obbligo della denuncia di detenzione di armi comuni da sparo è funzionale sia all’esigenza di consentire all’autorità di pubblica sicurezza di conoscere la qualità e la quantità delle armi che si trovano in un determinato territorio sia a quella di poter individuare immediatamente i soggetti detentori di armi. Per queste ragioni, chi riceve la detenzione di un’arma è tenuto a farne immediata denuncia all’autorità locale di pubblica sicurezza, a prescindere dal fatto che il precedente detentore ne avesse, o meno, fatto regolare denuncia.

Avv. Annalisa Gasparre – Specialista in Diritto Penale

Cass. pen., sez. I, ud. 5 dicembre 2022 (dep. 13 febbraio 2023), n. 5943 – Presidente Mogini – Relatore Bianchi

Ritenuto in fatto

1. Nei confronti di A.L. sono ascritti i reati di detenzione illegale di tre fucili (capo 1), di omessa custodia delle medesime armi e di altre tre legalmente detenute, tenute in luogo accessibile (capo 2), di omessa comunicazione del trasferimento del luogo di custodia delle tre armi legalmente detenute (capo 3), fatti accertati in […] il (omissis).

Con sentenza in data 8 marzo 2017 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena A.L. veniva assolto dal capo 2 perché il fatto non sussiste e condannato per le residue imputazioni alla pena di mesi quattro e giorni venti di reclusione ed Euro 1000 di multa.

Con sentenza in data 13.4.2021 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado ha qualificato il capo 1 ai sensi dell’art. 697 c.p. e rideterminato la pena in mesi uno e giorni 15 di arresto, con conferma nel resto.

Con riguardo al fatto ascritto al capo 1 il secondo giudice ha rilevato che l’imputato era titolare di porto d’armi uso caccia e legalmente deteneva due fucili e una carabina, ed ha ritenuto che in relazione agli ulteriori tre fucili, la cui detenzione non aveva provveduto a denunciare ed acquisiti per successione mortis causa dal di lui padre, non vi fosse obbligo di richiedere il nulla osta per la detenzione, bensì unicamente l’obbligo di denunciare il trasferimento a suo nome, obbligo la cui violazione era sanzionata ai sensi dell’art. 697 c.p..

2. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna ha presentato ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Con l’unico motivo viene denunciata la violazione degli artt., 2 e 7 L. n. 895 del 1967 in relazione alla qualificazione giuridica del capo 1.

La circostanza relativa alla titolarità in capo all’imputato del porto d’armi per uso caccia non fa venir meno l’obbligo di denuncia della detenzione di armi, in mancanza della quale sussiste la fattispecie di cui alla legge speciale, mentre l’art. 697 c.p. riguarda le armi proprie da punta e da taglio, le armi antiche e le munizioni.

3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e va pronunciato annullamento della sentenza impugnata.

1. Le sentenze di merito hanno accertato che l’imputato deteneva presso la propria abitazione, sita in […], (omissis) , tre armi (due fucili ed una carabina) di cui aveva denunciato all’autorità di pubblica sicurezza il possesso omettendo però di comunicare il trasferimento del luogo di custodia dalla precedente abitazione sita nel medesimo centro cittadino, (omissis) – e tre fucili automatici calibro 12 ricevuti in eredità dal padre defunto e di cui non aveva mai denunciato il possesso.

In ordine alla qualificazione giuridica del fatto concernente la detenzione di armi comuni da sparo, va rilevato che trattasi di fatto lecito sottoposto unicamente all’obbligo, previsto dall’art. 38 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di darne previa comunicazione (denuncia) all’ufficio di pubblica sicurezza del luogo dove si trova l’arma.

La inottemperanza al menzionato obbligo di denuncia era sanzionata dall’art. 697 c.p. sino all’entrata in vigore della L. n. 497/1974 che, modificando l’art. 7 L. n. 895 del 1967, ha introdotto una autonoma fattispecie delittuosa tramite il combinato disposto degli artt. 2 e 7 della menzionata L. n. 895 del 1967.

Con riguardo alla successione della detenzione di armi comuni da sparo, l’obbligo di denuncia incombe sul nuovo detentore, a prescindere dal titolo dell’acquisto, sia esso un negozio di compravendita ovvero atto di donazione o, infine, successione ereditaria.

Ogni soggetto, dunque, che abbia acquisito la consapevole detenzione di un’arma comune da sparo è tenuto – a prescindere dal fatto che il precedente detentore ne avesse fatto, o meno, regolare denuncia – a farne denuncia all’autorità locale di pubblica sicurezza, obbligo sanzionato penalmente dagli artt. 2 e 7 L. n. 895 del 1967 (Sez. 1, n. 22563 del 19/01/2015, Perfetto, Rv. 263776; Sez. 1, n. 15199 del 21/02/2020, BUGGIANI, Rv. 278899).

La sentenza impugnata ha qualificato il fatto ai sensi dell’art. 697 c.p. sul rilievo della concorrenza in capo all’imputato vuoi della posizione di soggetto titolare della licenza al porto d’armi per uso caccia vuoi dell’acquisto della detenzione per successione ereditaria da soggetto che aveva legalmente detenuto (avendone fatto denuncia) i fucili.

In particolare, il secondo giudice ha ritenuto che fosse integrata la “contravvenzione di omessa denuncia delle armi ricevute in eredità… di omessa denuncia del trasferimento a suo nome” (pagine 3 e 4).

Il Collegio ritiene che vada confermato l’orientamento secondo il quale l’obbligo della denuncia di cui all’art. 38 t.u.l.p.s. incombe a chiunque detiene armi comuni da sparo, a prescindere dal titolo di acquisto della proprietà e dal fatto che il dante causa avesse, o meno, denunciato la detenzione delle armi de quibus.

L’obbligo della denuncia di detenzione di armi comuni da sparo è funzionale, infatti, sia all’esigenza di consentire all’autorità di pubblica sicurezza di conoscere la qualità e la quantità delle armi che si trovano in un determinato territorio sia a quella di poter individuare immediatamente i soggetti detentori di armi, cui eventualmente impartire l’ordine di consegna immediata per ragioni di ordine pubblico.

Dunque, chi riceve la detenzione di un’arma è tenuto a farne immediata denuncia all’autorità locale di pubblica sicurezza, a prescindere dal fatto che il precedente detentore ne avesse, o meno, fatto regolare denuncia.

Con riguardo alla posizione del soggetto titolare di licenza di porto d’armi ad uso caccia, si deve rilevare che la licenza di porto d’armi assolve, evidentemente, a finalità diverse da quelle cui è funzionale la denuncia di detenzione delle medesime armi e, d’altra parte, è espressamente previsto -dall’art. 57 regio decreto n. 635/1940 – che “Le persone munite della licenza di porto d’armi sono tenute alla denuncia” di cui all’art. 38 t.u.l.p.s.

Invero, il caso di trasferimento della detenzione di un’arma da un soggetto ad altro soggetto non è assimilabile al trasferimento dell’arma da un luogo ad un altro, che comporta, ai sensi dell’art. 58 regio decreto n. 635/1940, l’obbligo di ripetere la denuncia all’autorità di pubblica sicurezza competente sul luogo dove le armi sono state trasferite.

Infatti, l’ordinamento non ha interesse solo a conoscere il luogo dove si trovano le armi, ma anche quello di sapere chi sia detentore di un’arma, essendo riconosciuto, ai sensi degli artt. 39 e 40 t.u.l.p.s., al Prefetto il potere, nella ricorrenza di determinate condizioni, di vietare la detenzione ovvero di ordinare la consegna di armi.

2. Va, dunque, pronunciato annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.

Il giudice del rinvio, nel rinnovare il giudizio sul capo 1, è tenuto ad applicare il seguente principio di diritto:” Integra la fattispecie di cui agli artt. 2 e 7 L. n. 895 del 1967 la condotta di chi, avendone acquisita la proprietà per successione ereditaria, detenga armi comuni da sparo senza averne fatta previa denuncia all’autorità locale di pubblica sicurezza, ai sensi dell’art. 38 t.u.l.p.s., obbligo cui è tenuto anche il soggetto titolare di licenza di porto d’armi”.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.

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