Un uomo è stato condannato per violazione di domicilio aggravato dalla violenza sulle cose per essersi introdotto nella casa della madre, contro la volontà di quest’ultima, scardinando la porta di ingresso.

Per accedere all’abitazione, l’uomo aveva sferrato alcuni calci con i quali aveva scardinato la porta.

Il reato è consumato anche se l’uomo si era trattenuto sul pianerottolo. Secondo i giudici, infatti, l’imputato si era trattenuto contro la volontà della proprietaria in uno spazio che faceva parte dell’appartamento, costituendone l’accesso, e negli spazi immediatamente antistanti all’ingresso dell’abitazione.

Chiariscono i giudici che il reato di violazione di domicilio tutela non solo l’inviolabilità dell’abitazione e dei luoghi di privata dimora, ma anche le loro “appartenenze”, intendendosi per tali quei luoghi caratterizzati da uno stretto rapporto di funzionalità, servizio o accessorietà con l’abitazione, ancorché non costituenti con questa un corpo unico. Il pianerottolo antistante l’abitazione e sul quale si apre la soglia della stessa costituisce, quindi, “appartenenza” di essa, anche se al servizio di tutti i condomini. Ne deriva che commette, pertanto il delitto di violazione di domicilio, e non il semplice tentativo, chi si introduca – invito domino – all’interno di un edificio condominiale sul pianerottolo e “avanti alla soglia” dell’abitazione di uno dei condomini avente.

Avv. Annalisa Gasparre – Specialista in Diritto Penale

Cass. pen., sez. V, ud. 12 dicembre 2022 (dep. 20 febbraio 2023), n. 7219 – Presidente Vessicchelli – Relatore Cirillo

Ritenuto in fatto

1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 12 ottobre 2021 dalla Corte di appello di Bologna, che ha confermato la decisione del Tribunale di Forlì che aveva condannato B.S. per il reato di violazione di domicilio aggravato dalla violenza sulle cose, ritenendo in esso assorbito anche il reato di danneggiamento originariamente contestato.

Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, il 5 novembre 2016, l’imputato si era introdotto nella casa della madre, contro la volontà di quest’ultima, scardinando la porta di ingresso.

2. Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia.

2.1 Con un unico motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza della legge penale.

Sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere consumato un unico reato di violazione di domicilio aggravato dalla violenza sulle cose, atteso che nei fatti oggetto di processo sarebbero distinguibili due distinti reati commessi in tempi diversi: il tentativo di violazione di domicilio, non portato a consumazione per l’opposizione frapposta dalla persona offesa; il danneggiamento alla porta, che sarebbe intervenuto in un momento successivo e che non sarebbe strumentalmente collegato all’intenzione di entrare nell’abitazione, ma costituirebbe la “reazione rabbiosa” che l’imputato avrebbe avuto a seguito di una discussione di carattere economico avuta con la madre.

Entrambi i reati, non perseguibili d’ufficio, andrebbero ritenuti estinti per remissione di querela.

3. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

1.1. L’unico motivo è inammissibile.

Esso, infatti, si basa su una diversa ricostruzione dei fatti, secondo la quale l’imputato non sarebbe riuscito a entrare nell’abitazione e il danneggiamento sarebbe intervenuto in un secondo momento e non sarebbe collegato all’intenzione di entrare nell’appartamento.

Con tale motivo, dunque, il ricorrente tende a sollecitare – al di fuori dell’allegazione di specifici travisamenti di emergenze processuali ed in presenza, comunque, di un apparato motivazionale che non si espone a rilievi di carenza o di illogicità di macroscopica evidenza – una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie e un inammissibile sindacato sulla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di appello (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000,)akani, Rv. 216260 e n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944).

Sotto altro profilo, va rilevato che il motivo è privo di specificità, perché meramente reiterativo di identiche doglianze proposte con i motivi di gravame, disattese nella sentenza impugnata con corretta motivazione in diritto e congrua e completa argomentazione in punto di fatto (cfr. pagine 2 e 3 della sentenza), con le quali il ricorrente non si è effettivamente confrontato.

La Corte di appello, in particolare, ha posto in rilievo che la ricostruzione dei fatti prospettata dalla difesa era smentita dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal sovrintendente A.F. nonché da quanto documentato nel verbale di arresto. Da tali atti emergeva che l’imputato, al fine di accedere all’abitazione contro la volontà della madre, aveva sferrato dei calci con i quali aveva scardinato la porta: il danneggiamento, dunque, era avvenuto contestualmente alla violazione di domicilio.

La Corte territoriale, inoltre, ha correttamente evidenziato che il reato di cui all’art. 614 c.p. andava considerato consumato anche se l’imputato, come sostenuto nel ricorso, non fosse entrato all’interno dell’abitazione della madre. Egli, infatti, si era trattenuto contro la volontà della proprietaria in uno spazio che faceva parte dell’appartamento, costituendone l’accesso, e negli spazi immediatamente antistanti all’ingresso dell’abitazione.

Al riguardo, va evidenziato che il reato previsto dall’art. 614 c.p. tutela non solo l’inviolabilità dell’abitazione e dei luoghi di privata dimora, ma anche le loro “appartenenze”, intendendosi per tali quei luoghi caratterizzati da uno stretto rapporto di funzionalità, servizio o accessorietà con l’abitazione, ancorché non costituenti con questa un corpo unico. Il pianerottolo antistante l’abitazione e sul quale si apre la soglia della stessa costituisce, quindi, “appartenenza” di essa, anche se al servizio di tutti i condomini: “commette, pertanto il delitto di violazione di domicilio, e non il semplice tentativo, chi si introduca – invito domino – all’interno di un edificio condominiale sul pianerottolo e “avanti alla soglia” dell’abitazione di uno dei condomini avente – come gli altri – diritto di escludere l’intruso” (Sez. 5, n. 12751 del 20/10/1998, Palmieri, Rv. 213418).

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, che deve determinarsi in Euro 3.000,00.

3. La natura dei rapporti oggetto della vicenda impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 52 in quanto imposto dalla legge.

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